Non tutti sanno che vendere una casa ricevuta per donazione può rivelarsi più complicato rispetto alla compravendita di un bene non donato. Per l’acquirente potrebbero, infatti, esserci dei rischi dovuti alle possibili pretese ereditarie degli eredi legittimari del donante. Questo significa che acquistare un immobile provienente da una donazione non è conveniente o rischioso? Vediamolo insieme.
Capita spesso che i potenziali acquirenti non mostrino più alcun interesse non appena sentono la parola “donazione”, tanto che alcuni venditori evitano di condividere quest’informazione fino a quando possono.
Tuttavia, questo piccolo escamotage non può essere attuato dagli agenti immobiliari, i quali devono fornire alle parti le circostanze a loro note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso (art. 1759 c.c.). Tra queste rientrano anche tutte quelle informazioni che avrebbero indotto le parti a concludere il contratto con diverse condizioni e clausole (Cass. n. 965/2019), perché potenzialmente pregiudizievole per l’acquirente.
Perché è difficile vendere una casa donata?
Un caso molto diffuso è la donazione della casa ai propri figli. Pensiamo a quei genitori che, per aiutare i figli, decidono di donargli una casa. Il tutto avvenuto secondo quanto prescritto dalla legge: atto pubblico, ricevuto dal notaio alla presenza di due testimoni, pena la nullità. È così che il figlio diviene proprietario legittimo dell’immobile donato.
Se un domani il figlio avesse bisogno di vendere l’immobile proveniente dalla tale donazione, magari perché è diventato a sua volta genitore e ha bisogno di una casa più grande, la compravendita sarebbe valida?
Vendere una casa donata è possibile, nessuna legge lo impedisce.
Ci potrebbero però essere difficoltà collegate alla successione ereditaria dei genitori, ovvero il rischio che in futuro altri eredi legittimari possano contestare l’atto e chiedere la restituzione del bene o del suo valore.
L’azione di riduzione degli eredi legittimari
Questo rischio è previsto dallo stesso Codice Civile, agli artt. 555 e ss. Gli eredi legittimari possono esercitare l’azione di riduzione su quelle donazioni che ledono la loro quota di riserva, ovvero quella parte del patrimonio del donante poi defunto che gli spetta per legge.
Al coniuge, ai figli, agli ascendenti, ai discendenti dei figli, qualora succedano al posto dei figli, ai figli adottivi, spetta una porzione legittima per natura indisponibile. Nel caso in cui questo non venga rispettato, tali soggetti possono quindi chiedere che la quota venga integrata anche se il bene è stato donato in vita dal de cuius, in quanto è come se fosse avvenuta una disposizione testamentaria anticipata. Oltre agli eredi legittimari possono agire per la riduzione anche i loro eredi o aventi causa.
La riduzione della donazione di immobili avviene separando dal bene la parte occorrente per integrare la quota riservata. Qualora la divisione non possa avvenire e il donatario è titolare di una eccedenza maggiore del quarto della porzione disponibile, l’immobile si deve lasciare per intero nell’eredità, salvo il diritto di conseguire il valore della porzione disponibile. Se l’eccedenza non supera il quarto, il donatario può ritenere tutto l’immobile compensando in danaro i legittimari (art. 563 c.c.).
Quale azione può essere mossa contro gli acquirenti del bene donato?
La risposta a questa domanda la troviamo all’art. 563 del Codice Civile. Se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione hanno venduto a terzi l’immobile donato e non sono passati venti anni dalla trascrizione dell’atto donazione, l’erede legittimario, premessa l’escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell’ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari, la restituzione degli immobili. Il terzo acquirente può liberarsi dall’obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l’equivalente in danaro.
Ricollegandoci all’esempio fatto in precedenza, il figlio che vuole vendere la casa donata dai genitori, trascorsi venti anni dalla trascrizione dell’atto, può farlo in modo sicuro senza incorrere nel rischio dell’azione di riduzione.
La situazione si complica invece se i genitori sono ancora in vita e nonostante siano trascorsi più di venti anni, un erede legittimario (ad esempio un altro figlio) faccia opposizione. In questo caso si riscontrerebbe sicuramente difficoltà nella vendita dell’immobile, perché l’acquisto per il compratore sarebbe rischioso e, quindi, sconsigliabile.
Ricapitoliamo i rischi nelle varie casistiche:
Il donante è ancora vivente:
in questo caso l’azione di restituzione (ossia la possibile futura azione di rivendica del bene nei confronti di chi acquistato l’immobile dal donatario) potrà essere esercitata solo dopo la morte del donante ed entro i successivi 10 anni, al verificarsi di tutte le seguenti condizioni:
1) che il donante alla sua morte non abbia lasciato beni sufficienti a coprire la quota di legittima spettante a tutti i legittimari;
2) che il venditore (che aveva ricevuto il bene trasferito mediante donazione) non abbia nel proprio patrimonio beni sufficienti a soddisfare le ragioni dei legittimari lesi;
3) che non siano già decorsi 20 anni dalla data della trascrizione della donazione, salvo che sia intervenuta opposizione al decorso dei 20 anni da parte del coniuge o di parenti in linea retta (legge 80/2005).
Il donante sia deceduto da meno di 10 anni:
in questo caso l’azione di restituzione potrà essere esercitata entro i 10 anni dalla morte del donante al verificarsi di tutte le condizioni sopra riportate. In questo caso il rimedio giuridico consiste nella rinuncia espressa da parte di tutti i legittimari (a condizione di conoscere tutti i legittimari esistenti) all’azione diriduzione o quanto meno all’azione di restituzione verso terzi ex art. 563 c.c., rinuncia valida e possibile dopo la morte del donante
Il donante sia deceduto da più di 10 anni:
in questo caso, secondo l’orientamento prevalente in tema di prescrizione, confermato anche dalle Sezioni Unite della Cassazione, il diritto ad agire in riduzione deve ritenersi prescritto per cui non vi è più alcun rischio per l’acquirente, perché le azioni di riduzione e restituzione non potranno più essere esercitate. Pertanto se entro 10 anni dalla morte del donante non è stata trascritta la domanda di riduzione l’acquirente potrà acquistare l’immobile senza alcun timore.
Siano decorsi più di 20 anni dalla data della donazione:
a prescindere dalla circostanza che il donante sia ancora vivente o sia già deceduto, se entro 20 anni dalla data di trascrizione della donazione non si è verificata opposizione da parte del coniuge o di parenti in linea retta, l’azione di restituzione non potrà più essere esercitata e pertanto non c’è più alcun rischio per l’acquirente. Tutto ciò vale senza alcuna ombra di dubbio per le donazioni poste in essere dopo il 15 maggio 2005. Per le donazioni realizzate prima di tale data, invece, non è scontato che valgano le stesse conclusioni e non ci sono certezze a causa della mancanza di una disciplina transitoria all’interno della legge 80/2005 che chiarisca in maniera inequivocabile il regime applicabile alle donazioni anteriori.
Come si comportano le Banche davanti ad una compravendita di un immobile proveniente da donazione?
Le difficoltà si possono riscontrare soprattutto quando si richiede un mutuo bancario.
Nel caso in cui la casa che si intende acquistare sia stata donata bisogna comprendere se il donante è in vita oppure se è deceduto. In quest’ultimo caso è importante comprendere anche il periodo in cui il donante è venuto a mancare, o meglio quanto tempo è passato dalla sua morte. Se il donante è deceduto da 20 anni, gli eredi non hanno più la possibilità di far valere i propri diritti di successione. In questo caso le banche sono ben disposte a concedere un mutuo per l’acquisto di una casa donata. Questa è la situazione migliore.
Nel caso in cui non siano ancora trascorsi vent’anni dalla morte del donante, la situazione è un po’ più complessa, in quanto i legittimi eredi possono richiedere la revoca della donazione come visto in precedenza. Questo non vuol dire che le banche a priori non concedono un mutuo per l’acquisto di quella casa, ma è necessario che gli eventuali eredi che non sono stati inclusi in questa donazione dichiarino espressamente di rinunciare all’immobile desiderato dal richiedente del mutuo.
Le banche così si tutelano su eventuali ipoteche, poiché, secondo la normativa italiana, i legittimi eredi potrebbero richiedere la revoca della donazione e questo comporterebbe la restituzione dell’immobile precedentemente donato.
Ricapitolando, nel caso in cui fossero trascorsi vent’anni dalla morte del donante non si pone alcun problema e le banche sono più propense a concedere un mutuo, in quanto per legge i legittimi eredi non potrebbero più far valere il loro diritto. Nel caso in cui invece il donante fosse morto da meno di vent’anni, i legittimi eredi possono dichiarare che rinunciano a qualsiasi diritto sulla proprietà che avrebbero potuto ereditare e che successivamente non intraprenderebbero nessuna azione legale per farla revocare.
In entrambi i casi, quindi, le banche seguendo un iter un po’ più articolato del solito possono concedere il mutuo al soggetto interessato all’immobile donato.
Se il donante è in vita? Analizziamo ora cosa accade se il donante è ancora in vita. In questo caso la procedura è meno complessa di quelle precedentemente analizzate, in quanto non si dovrà nè attendere vent’anni, né tantomeno si dovrà richiedere la dichiarazione da parte di tutti gli eredi. In questo specifico caso il donante diventa un garante. Lo stesso donante diventa infatti una sorta di tutela sia per la banca che concederà il mutuo all’acquirente sia per quest’ultimo. Allo stesso tempo è possibile richiedere una fideiussione bancaria (oppure un’assicurazione come nella maggior parte dei casi), come garanzia anche se non totale, dal momento che potrebbe accadere che i legittimi eredi richiedano successivamente la revoca della donazione. In questi casi le banche o gli operatori finanziari che dovranno concedere il mutuo valuteranno qual è la scelta migliore.
Abbiamo visto che, seppur con qualche accortezza in più, anche la casa donata può essere compravenduta con una certa tranquillità!